....Come sottolinea Nadia Urbinati, nessuno sembra soffermarsi
abbastanza sulla dimensione sociale del
merito, sul suo dipendere profondamente dal riconoscimento pubblico e di conseguenza sulla sua assoluta carenza di
neutralitá. “Se
si partisse dal presupposto generale che un alto reddito costituisce la prova
del merito e un basso reddito il contrario, e universalmente vi si ritenesse che
la posizione e la remunerazione corrispondono al merito, e unica strada aperta
per il successo fosse l’approvazione della propria condotta da parte della
maggioranza dei propri simili, la società sarebbe molto probabilmente più
insopportabile per chi non ha successo di quanto lo è quando si riconosce
francamente che tra merito e risultato non esiste una necessaria connessione” (Friedrick Hayek).
Bruno Trentin, in un denso e lucido articolo (A
proposito di merito) evidenzia come il concetto di merito sia sinonimo di
obbedienza e dovere, perché presuppone una legittimazione discrezionale da
parte di qualcuno che occupa una posizione gerarchica superiore, o esercita un
potere politico (in sostituzione della formazione e dell'educazione). Trentin rivendica il primato della conoscenza
sul merito.
Solo il sapere rappresenta un criterio equo di selezione del valore
individuale, e quindi occorre renderlo disponibile per tutti. "Il ricorso al merito" ridimensionando ogni valutazione
fondata sulla conoscenza, valorizza invece, come fattori determinanti, criteri
come quelli della fedeltà, della lealtà nei confronti del superiore, di
obbedienza. Non è questa la ragione per la quale è così difficile che un
esterno vinca una competizione nell’accademia italiana? L’uguaglianza di opportunità di cui parla Young è qualcosa di molto diverso dall’uguaglianza
formale, baluardo della cultura del merito: è l’ideale irrinunciabile dell’uguaglianza
sostanziale dei punti di partenza, ossia il principio in virtù del quale la
ricchezza alla nascita di ogni individuo dovrebbe essere eguagliata il più
possibile. “Il bambino, ogni
bambino, è un individuo prezioso, e non soltanto un potenziale funzionario
della società. Le scuole non debbono limitarsi a fornire individui idonei a
svolgere le mansioni considerate importanti in un particolare momento, ma
debbono dedicarsi a incoraggiare lo
sviluppo di tutte le qualità umane,
siano o non siano queste del tipo richiesto da un mondo scientifico. Alle arti e alle abilità manuali deve esser
dato altrettanto risalto che alla scienza e
alla tecnologia”
Uguaglianza delle opportunità non deve significare eguali opportunità di salire lungo la
scala sociale, ma eguali opportunità per tutte le persone, a prescindere dalla
loro “intelligenza”, di sviluppare le virtú e i talenti di cui sono dotate, tutte
le loro capacità di apprezzare la bellezza e la
profondità dell’esperienza umana, tutte le loro facoltà di vivere una vita piena”.
Per concludere:
Per concludere:
“La
società senza classi sarà quella che avrà in sé e agirà secondo una pluralità
di valori. Giacché se noi valutassimo le persone non solo per la loro
intelligenza e cultura, per la loro occupazione e il loro potere, ma anche per
la loro bontà e il loro coraggio, per la loro fantasia e sensibilità, la loro
amorevolezza e generosità, le classi non potrebbero più esistere. Chi si
sentirebbe più di sostenere che lo scienziato è superiore al facchino che ha
ammirevoli qualità di padre, che il funzionario statale straordinariamente
capace a guadagnare premi è superiore al camionista capace a far crescere rose?
La società senza classi sarà anche la società tollerante, in cui le
differenze individuali verranno attivamente incoraggiate e non solo
passivamente tollerate, in cui finalmente verrà dato il suo pieno significato
alla dignità dell’uomo. Ogni essere umano avrà quindi eguali opportunità non di
salire nel mondo alla luce di una qualche misura matematica, ma di sviluppare
le sue particolari capacità per vivere una vita ricca” (Young 1958).
Fonti utilizzate: