Quando un concetto viene insistentemente
impiegato fino ad essere adottato come pseudo linea guida, tanto dai politici
di destra che da quelli di sinistra, in un Paese dove la corruzione, il
clientelismo, l'ignoranza, il nepotismo e la collusione dello Stato con la
criminalitá organizzata sono una triste realtá, allora comincia a sorgere
timidamente l'ombra di un dubbio. Mi
staranno allegramente raggirando? In effetti era abbastanza evidente
che qualcosa non quadrasse, eppure finché ho vissuto in Italia non sono
riuscito a cogliere fino in fondo l'entitá dell'imbroglio. Nella lingua
spagnola la parola meritocrazia esiste, ma non é di uso comune, anzi si puó
considerare una parola quasi totalmente sconosciuta. Perché? Il merito in
questo Paese non viene riconosciuto? O forse sono altri i criteri con cui viene
selezionata la classe dirigente? E quali? Avrei voluto scrivere un post a
riguardo, ma grazie alle straordinarie capacitá della rete non ci ho messo
molto a rendermi conto che sull'argomento é ormai giá stato detto praticamente
tutto. Questo il risultato della mia ricerca. Secondo la definizione di
Wikipedia, la meritocrazia è una forma di governo dove le cariche
amministrative, le cariche pubbliche, e qualsiasi ruolo che richieda
responsabilità nei confronti degli altri, è affidata secondo criteri di merito,
e non di appartenenza lobbistica, familiare (nepotismo e in senso allargato
clientelismo) o di casta economica. Scendendo un pó piú in profonditá scopriamo
che, il termine "meritocrazia" fu utilizzato per la prima volta da Michael Young nel suo libro "Rise of the Meritocracy" (1958).
Curiosamente il termine era destinato ad un uso dispregiativo, ed il suo libro
era lo scenario di un futuro molto poco desiderabile in cui la posizione
sociale di un individuo veniva determinata dal suo quoziente intellettivo e
dallo sforzo. Michael Young descrive lo sviluppo e l’ascesa della “cultura del merito” come una
macchinazione studiata a tavolino dalle oligarchie tradizionali. Immagina
infatti, che in seguito alla riforma scolastica e alla più ampia possibilità di
accedere alle università, tali oligarchie vedano indeboliti i loro privilegi e
li recuperino "impadronendosi
dell’intelligenza". Sembra quasi un film di fantascienza. Eppure Young
intendeva elaborare una critica dissacrante verso un sistema educativo
estremamente diseguale, che non
considerava le condizioni di partenza di ogni singolo individuo portando a
forme di stratificazione simili alle esistenti divisioni di classe. Non è per
niente facile definire che cosa sia il “merito”. E sono spesso discutibili i
criteri con cui si pensa di poterlo riconoscere, stimolare, premiare o
retribuire. Risalendo ad Aristotele e in generale alla monumentale cultura
greca, ricordiamo che aristocrazia vuol dire “governo dei migliori”. Ottima
idea, in teoria. Ma chi decide quali
sono i “migliori”? Con quale criterio? Accade molto spesso che i meccanismi
scartino, o non sappiano valorizzare, il merito migliore. Le persone più
attente, brillanti, davvero innovative, sono spesso bizzarre rispetto alla
cultura dominante. Impazienti, impertinenti, irriverenti, disobbedienti, non
convenzionali. Scoprire e incoraggiare
il talento è un’arte. Difficile, quanto preziosa. Continua....
16 agosto 2012
15 agosto 2012
L'Impero colpisce ancora
Adoro lo sport e le Olimpiadi dovrebbero rappresentare
la sua piú elevata celebrazione, purtroppo dello spirito olimpico rimane ben
poco. Sotto i riflettori vi sono sempre piú atleti ultra professionisti che
ormai sono piú vicini al mondo delle macchine che a quello degli esseri umani,
cerimonie dal costo decisamente imbarazzante, sistemi di difesa che ricordano
l'epoca dei bombardamenti e le solite immancabili multinazionali antitesi
perfetta di qualsiasi cosa che possa possedere uno spirito. Dopo la Cina
é adesso un altro l'impero che a suon di medaglie si guadagna l'approvazione
internazionale in mondovisione del suo sistema basato sulla dominazione
economica di territori disseminati in ogni parte del mondo e di cui la regina é
sovrana. Come sarebbe meno opportunistico se gli atleti provenienti da aree
disagiate del pianeta potessero venire supportati da un comitato olimpico
internazionale invece di essere costretti a vestire i colori della potenza
occidentale miglior offerente; magari avendo la possibilitá di gareggiare
senza una bandiera (qualora fossero in contrasto con il governo del loro
paese di origine). Ma evidentemente le Olimpiadi non sarebbero Olimpiadi senza
gli inni nazionali e quel patetico sventolio di bandiere, simboli di
devastazione e iper-nazionalismo che facilmente passano in secondo piano
davanti alla conquista di una medaglia d'oro. Rimangono da ammirare alcune
(sempre piú isolate) gesta di atleti che, al di lá dei formalismi di
circostanza, riescono almeno in parte a far rivivere lo spirito olimpico grazie alla passione, al sacrificio, ma soprattutto all'umanitá che comunicano. In occasioni
tanto importanti é praticamente impossibile non trasmettere una forma di agonismo
ai limiti del patologico, ed è per questo che é soltanto grazie al modo in cui
si vince o si perde che i giovani possono interiorizzare un messaggio positivo
o negativo dalle prestazioni dei loro campioni. In ogni caso, come 4 anni or
sono in Cina, l'apoteosi del nazionalismo é stata raggiunta, l'Impero ha
colpito ancora.
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