Adoro lo sport e le Olimpiadi dovrebbero rappresentare
la sua piú elevata celebrazione, purtroppo dello spirito olimpico rimane ben
poco. Sotto i riflettori vi sono sempre piú atleti ultra professionisti che
ormai sono piú vicini al mondo delle macchine che a quello degli esseri umani,
cerimonie dal costo decisamente imbarazzante, sistemi di difesa che ricordano
l'epoca dei bombardamenti e le solite immancabili multinazionali antitesi
perfetta di qualsiasi cosa che possa possedere uno spirito. Dopo la Cina
é adesso un altro l'impero che a suon di medaglie si guadagna l'approvazione
internazionale in mondovisione del suo sistema basato sulla dominazione
economica di territori disseminati in ogni parte del mondo e di cui la regina é
sovrana. Come sarebbe meno opportunistico se gli atleti provenienti da aree
disagiate del pianeta potessero venire supportati da un comitato olimpico
internazionale invece di essere costretti a vestire i colori della potenza
occidentale miglior offerente; magari avendo la possibilitá di gareggiare
senza una bandiera (qualora fossero in contrasto con il governo del loro
paese di origine). Ma evidentemente le Olimpiadi non sarebbero Olimpiadi senza
gli inni nazionali e quel patetico sventolio di bandiere, simboli di
devastazione e iper-nazionalismo che facilmente passano in secondo piano
davanti alla conquista di una medaglia d'oro. Rimangono da ammirare alcune
(sempre piú isolate) gesta di atleti che, al di lá dei formalismi di
circostanza, riescono almeno in parte a far rivivere lo spirito olimpico grazie alla passione, al sacrificio, ma soprattutto all'umanitá che comunicano. In occasioni
tanto importanti é praticamente impossibile non trasmettere una forma di agonismo
ai limiti del patologico, ed è per questo che é soltanto grazie al modo in cui
si vince o si perde che i giovani possono interiorizzare un messaggio positivo
o negativo dalle prestazioni dei loro campioni. In ogni caso, come 4 anni or
sono in Cina, l'apoteosi del nazionalismo é stata raggiunta, l'Impero ha
colpito ancora.
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