Mercoledì scorso è morto un ragazzo. Si chiamava Eric
James Borges e aveva solo 19 anni. Si è tolto la vita perché vittima di
continui abusi fisici e psicologici per essere omosessuale. Per aver avuto il
coraggio di esprimere la sua identità più profonda non aveva più un nome, aveva
perso la tranquillità ormai da tempo e purtroppo (ed è ciò che fa più soffrire
e riflettere) anche l’appoggio della sua famiglia. Era giovanissimo e già
impegnato socialmente nell’offrire sostegno a giovani omosessuali vittime di
abusi. Fra le sue raccomandazioni quella di “non mollare mai e non pensare
nemmeno per un secondo di non rappresentare un contributo meraviglioso e pieno
di senso a questo mondo”. Aveva solo 19 anni e già parlava come qualcuno
che era riuscito a guardarsi dentro, a conoscersi, ad accettare i pregiudizi
che la sua condizione avrebbe inevitabilmente comportato e nonostante tutto a
scegliere non solo di non nascondersi ma addirittura di essere un punto di
riferimento per altri giovani in difficoltà. Vogliono farci credere che
fosse un debole, una persona fragile, solo per dare una giustificazione al
suo gesto, per deresponsabilizzare lo spietato contesto in cui era costretto a
vivere che altro non è che lo specchio di una realtà molto più ampia che
coinvolge l'intera umanità e di cui tutti siamo spesso spettatori. Non era un
debole, anzi, era una persona estremamente determinata ed il fatto di non avere
avuto le risorse sufficienti per andare avanti dovrebbe sconvolgere l’opinione
pubblica. Per lo meno dovrebbe farci chiedere quanta forza sia necessaria in questa
vita per essere veramente se stessi e non aver paura di ciò che la gente possa
pensare. Evidentemente molta, a volte troppa. Un numero considerevole di
giovani vittime della discriminazione subiscono danni psicologici
difficilmente recuperabili, il più delle volte neanche diagnosticati. E invece
Eric è morto. Pochi anni vissuti con un’intensità di cui moltissimi esseri
umani che hanno lungamente vissuto non hanno mai sentito neanche il profumo.
Pochi anni vissuti con straordinaria dignità che riempiono il cuore di
ammirazione e rispetto. Non eri fragile, né indifeso, né arrendevole. Eri
una persona piena di vita, ma soprattutto stracolma di amore. Perdonaci se
non sapremo leggere il tuo gesto con la dovuta sensibilità ed il doveroso senso
critico e ovunque tu sia cerca di non cambiare mai. Noi invece avremmo tanto da
cambiare nelle nostre case, nei nostri quartieri, nelle nostre scuole ma
ovviamente è molto più facile dire che eri un debole così, come sempre, nulla
cambierà.
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