Dal 2008 il governo ha fatto sconti alle grandi imprese che inquinano di più e i gruppi energetici hanno avuto i permessi per le emissioni di anidride carbonica senza pagare il dovuto. L’Italia sarà così costretta a pagare circa due miliardi di euro per l’acquisto di crediti esteri di anidride carbonica, se vorrà ottemperare agli obblighi sottoscritti con il Protocollo di Kyoto. È quanto emerge dal nuovo report della organizzazione non governativa londinese Sandbag. Un miliardo e 700 milioni di euro: è questa la cifra che, entro il 2012, l’Italia è destinata a sborsare per l’acquisto di crediti generati all’estero. Spiega Damien Morris, il ricercatore di Sandbag autore del report: “Tutto nasce dal tentativo del Governo italiano di proteggere le imprese nazionali dalle riduzioni dei livelli di emissioni previsti nell’ambito del Protocollo di Kyoto”. Dal 2008 infatti il governo ha distribuito gratuitamente 2,5 miliardi di euro di permessi, generando guadagni spropositati a favore delle compagnie nazionali regolate dall’Emissions Trading System, quali il Gruppo Riva, Italcementi (entrambe coinvolte in inchieste giudiziarie) e Edipower. Ora lo stesso governo si trova costretto a sborsare una cifra vicina ai due miliardi di euro di denaro pubblico per rientrare nei parametri di Kyoto. Eventualità che il ministero dell’Ambiente non può smentire, precisando però che “solo alla fine del periodo 2008-2012 si avrà un quadro della situazione certo e definito”. I soldi che il governo si appresta a pagare sarebbero potuti essere investiti nel miglioramento delle infrastrutture del Paese e nel perseguimento di una maggiore indipendenza energetica. “Tuttavia, avverte Morris, fino ad ora il governo italiano ha percepito i limiti stabiliti da Kyoto come una punizione, un peso da portare sulle spalle, piuttosto che come un’opportunità di sviluppo”. Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha recentemente annunciato che “l’Italia non è assolutamente disponibile ad avvallare il passaggio unilaterale dal 20 per cento al 30 per cento di riduzione delle emissioni di gas serra” e che “il passaggio non è perseguibile oggi per via della crisi economica mondiale”. Come spiega Morris “proprio dopo il calo di emissioni a seguito della crisi economica questo target è di gran lunga meno oneroso da raggiungere”. Le difficoltà dell’Italia nel soddisfare gli obblighi di Kyoto sembrano dunque esser frutto, non tanto della crisi – che peraltro ha colpito indistintamente decine di Paesi firmatari del Protocollo – quanto “degli errori strategici che l’Italia ha commesso nella gestione dei propri obblighi economico-ambientali e della volontà del governo di favorire le grandi imprese nazionali a scapito dei cittadini”. Che ora dovranno pagare il conto finale (Fatto quotidiano).
Gentile ministro è vergognoso il menefreghismo che dimostra nei confronti del protocollo di Kyoto. Ma d'altronde che interesse può avere un imprenditore per l'ambiente? Dia le dimissioni se le è rimasto un briciolo di dignità e si goda questi ultimi giorni di Pompei, prima di scomparire nell'anonimato. Distinti saluti.
dott. francesco paolucci
Qualora qualcuno volesse porgere un saluto affettuoso al ministro dell'inquinamento:
mignosa.livia@minambiente.it (segretaria particolare del ministro)
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