31 agosto 2011

WWW.REVOLUCIONSIRIA.COM


La Siria, è una polveriera. Nella sua storia a partire dall'indipendenza  ottenuta dalla Francia nel 1946 figurano ben 13 colpi di Stato. Nel 1956, firmando un accordo con l'Unione Sovietica, la Siria poneva le basi per un'influenza comunista all'interno del proprio governo in cambio di equipaggiamento militare. Dal 1963, il Partito del Rinascimento Arabo Socialista o Ba'th governa la Siria in una condizione di stato di emergenza (legge marziale), che di fatto, da una parte aumenta i poteri del Presidente e dall'altra congela la maggior parte delle garanzie costituzionali. Lo stato di emergenza viene giustificato dalla guerra contro Israele e dalla minaccia del terrorismo. Dal 1970, dopo la sconfitta nella guerra dei 6 giorni ed un colpo di Stato interno al Partito Ba'th, il presidente siriano è sempre stato reclutato all'interno della medesima famiglia, la famiglia Assad. La Siria, almeno in teoria sarebbe una Repubblica presidenziale (dal 1963) ma di fatto possiede una forma di governo a successione ereditaria nel contesto della stessa famiglia ed a partito unico. L'attuale Costituzione del 1973 definisce la Siria come uno Stato socialista, riconoscendo l'islam come religione principale ed affidando al partito Ba'th il ruolo fondamentale di guida del Paese. Prevede inoltre che il Presidente sia di religione musulmana. Questi ricopre anche l'incarico di segretario generale del partito Ba'th e di capo del Fronte Progressista Nazionale, un'alleanza di 10 partiti controllati dallo stesso Ba'th. Rimane in carica 7 anni e viene eletto attraverso un referendum a suffragio universale. Negli ultimi anni le autorità hanno reso più rigidi i criteri di censura all'interno della rete grazie a leggi che obbligano gli internet cafes a registrare i commenti che vengono espressi nei forums ed attraverso il blocco di alcuni dei più famosi websites. Circa una settimana fa il caricaturista satirico Ali Ferzat, noto oppositore del regime, è stato violentemente aggredito da criminali al servizio del governo. Le sue vignette hanno fatto il giro del mondo e costituiscono la spina dorsale di un autentico ed impaziente bisogno di libertà. 

 


27 agosto 2011

La guerra del Coltan


Il Coltan, l'origine di una delle guerre più cruente degli ultimi anni nella Repubblica Democratica del Congo. Da questo raro minerale si estrae il tantalio, che possiede una grande resistenza al calore e un’eccellente conduttività, caratteristiche indispensabili per sviluppare nuove tecnologie. Il controllo delle sue miniere è alla base di guerriglie ed interventi diretti organizzati o appoggiati da paesi limitrofi come Ruanda o Uganda. La sua estrazione ed il suo commercio sono totalmente privi di regolamentazione grazie alla gravissima instabilità politica della zona favorita da coloro che sono coinvolti nello sfruttamento di questo prezioso minerale. Gli abitanti del Congo ovviamente non vengono neanche sfiorati da questa incalcolabile ricchezza e così, tutta la produzione congolese di Coltan (l'80% della produzione mondiale) finisce illegalmente all'estero, in gran parte attraverso il Ruanda. Spiegare le dinamiche di questo scempio economico e umanitario è un'impresa. Come sempre entrano in gioco gli interessi delle multinazionali con la complicità delle potenze occidentali in continuo contrasto con il governo cinese e la sua enorme necessità di materie prime. Il ruolo fondamentele dell'attuale presidente Ruandese Paul Kagame, accusato di crimini contro l'umanità nel periodo fra il 1990 ed il 2002 (un rapporto dell'ONU parla di un vero e propio genocidio ai danni della popolazione hutu del Congo) e di favorire la guerriglia nelle zone di estrazione congolesi. Uomo ritenuto praticamente intoccabile per il solido sostegno offerto da Stati Uniti, Francia, Belgio, Olanda e soprattutto Regno Unito che considerano il Ruanda un paese modello in Africa.

La guerra del Coltan   2/5 - 3/5 - 4/5 - 5/5

18 agosto 2011

El Papa al desnudo


Ratzinger es, pues, otro Sumo Fariseo, que falsifica la marca "Jesús" por dinero y poder. Rompamos un silencio cómplice que favorece a ese integrismo que empobrece, ata y mata. Exijamos respeto a la aconfesionalidad del Estado español y el fin del Concordato, anticonstitucional, con el Estado Vaticano. "Mi reino no es de este mundo" (Jesús).

Questo volantino e altri simili a questo stanno circolando per le strade di Madrid in questi giorni. Pellegrini provenienti da tutto il mondo sono riusciti a riempire qualche piazza della capitale spagnola, laddove qualsiasi città islamica otterrebbe una maggiore partecipazione senza che nessuno si muovesse dal suo luogo di residenza. Un tempo si sarebbe temuto un attentato contro il Papa ed infatti le misure di sicurezza adottate sono quelle delle grandi occasioni. Oggi invece sono gli "attentatori" all'infallibilità papale, che manifestando in maniera assolutamente pacifica contro la figura contradditoria del pontefice e le spese sostenute per riceverlo, rischiano di essere attaccati. Sorprendentemente pare siano stati alcuni pellegrini (peraltro rappresentati per la stragrande maggioranza da innocenti ragazzi entusiasmati dall'eccitante esperienza multietnica che stanno vivendo) a provocare la colonna di coloro che si opponevano alla ridicolizzazione di uno Stato in profonda crisi, determinando la reazione delle forze dell'ordine ovviamente a danno dei manifestanti. Due realtà totalmente distinte si trovano una di fronte all'altra. Da una parte, la spettacolare celebrazione di un evento festoso che riesce a far passare in secondo piano persino la catastrofe umanitaria che coinvolge il corno d'Africa. Dall'altra, la vita reale. Quella dura quotidianità che costringe molte persone a lavorare quando fuori ci sono 36 gradi ed a trovare il tempo e le forze per scendere in strada ad esprimere la propria opinione. Purtroppo, dei valori della Chiesa di Cristo rimane solo l'eroica dedizione di pochi sacerdoti illuminati. E' evidente, invece, l'ostentazione di potere e ricchezza che accompagna costantemente la figura del Papa. E' lampante ed allo stesso tempo avvilente la sua totale estraneità al mondo reale che rientra in quel concetto di non-contaminazione che viene riservato soltanto alle divinità. E' triste, percepire il modo in cui viene manipolata la gioventù per mezzo di un inconsapevole compromesso attentamente ricercato da parte delle alte sfere ecclesiastiche.  La possibilità di vivere un'esperienza unica in cambio di una dimostrazione di potenza da parte di una Chiesa che difficilmente, dopo questo "successo" di partecipazione, assumerà quell'indispensabile atteggiamento autocritico necessario per identificare le cause del suo drammatico tracollo spirituale e di popolarità.

8 agosto 2011

Minnesota Shut Down


Shut Down. Mentre Obama cerca con tutti i mezzi a sua disposizione (decisamente pochi) di scongiurare la catastrofe per gli USA e l'Unione Europea si affanna goffamente a salvare la Grecia, il Minnesota intanto è già fallito. Decine di migliaia di dipendenti statali mandati a casa, parchi e musei chiusi, bloccate le opere pubbliche. La ventennale amministrazione repubblicana basata sui tagli alle tasse per i ricchi ed i tagli al welfare ha letteralmente dilapidato le casse dello Stato e la nuova amministrazione democratica, impotente davanti al reiterato ostruzionismo dell'opposizione,    ha solo  potuto amaramente prendere atto della tragica situazione e dichiarare il fallimento.  E come per incanto si scoprono le carte, la minoranza capitalista scende in strada (mi vergogno persino di inserire il link) celebrando il default che per loro significa non perdere niente dal punto di vista dei servizi sociali  e degli spazi pubblici ma guadagnarci tutto in termini di pressione fiscale che inevitabilmente e giustamente li avrebbe maggiormente colpiti. Così finalmente i nodi vengono al pettine. Il capitalismo, nato all'insegna del benessere alla portata di chiunque, quel fumo negli occhi che ci aveva illuso che saremmo diventati tutti felicemente benestanti tranne ovviamente quella parte dimenticata del pianeta che "meritava" di rimanere nell'indigenza e che mai avrebbe dovuto "infastidirci", ha miseramente fallito. Chi però ci ha creduto fino in fondo ed ha trascorso la sua vita accumulando ricchezze alla fine ha ottenuto la sua ricompensa. Il sistema perverso che li ha creati li rende quindi intoccabili semplicemente autodistruggendosi. Come uno zombie, che manifesta tutta la sua mostruosità solo dopo la morte di un essere umano, così il capitalismo compie il suo ultimo atto togliendosi la vita e consegnando ufficialmente il potere economico del pianeta nelle mani di pochi individui senza scrupoli che non hanno neanche la decenza di farsi vedere in giro il meno possibile. Il comunismo, come il capitalismo sono stati distruttivi per il genere umano. Ma mentre del comunismo ci restano soltanto i sogni di qualche nostalgico e le magliette di Che Guevara, del capitalismo invece rimarranno l'annientamento dell'educazione e della sanità pubblica, la scomparsa del sistema pensionistico, l'estinzione di tutto ciò che è legato al sociale e che dovrebbe essere un diritto per qualsiasi cittadino indipendentemente dal suo reddito. Il tutto con gravi ripercussioni mediche e psicologiche all'interno della società specialmente per quanto riguarda la sfera delle patologie oncologiche  e psichiatriche. Grottesco infine  è che l'ex-governatore repubblicano del Minnesota punti alla Casa Bianca nel 2012. Davvero ogni Paese ha il governo che si merita? Speriamo di no.

7 agosto 2011

La perla sconosciuta d'Italia


La regione Basilicata ospita nel suo territorio undici aree protette, di cui due parchi nazionali, il Pollino e il Val d'Agri, due parchi regionali (Parco naturale di Gallipoli Cognato - Piccole Dolomiti Lucane e Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano), e sette riserve naturali regionali. Le zone sottoposte a protezione occupano circa il 30% della dell'intera superficie regionale. Il 21 settembre 1943, Matera fu la prima città italiana a insorgere contro i tedeschi occupanti. Il 23 novembre 1980 la Basilicata fu sconvolta da un grave terremoto che colpì buona parte del territorio regionale. Nel 2003 la decisione del governo nazionale di trasferire tutte le scorie nucleari delle ex centrali atomiche in una salina di Scanzano Jonico ha provocato un'intensa protesta, con una manifestazione oceanica cui parteciparono oltre 100.000 persone (pari a circa un quinto della popolazione lucana) che ha portato nel gennaio del 2004 al ritiro del decreto. A differenza del resto del Mezzogiorno d'Italia, in Basilicata non esiste un'entità criminale vera e propria come quelle delle regioni circostanti, grazie al suo particolare sviluppo storico-sociale ma anche per i minori interessi economici rispetto alle regioni limitrofe.

4 agosto 2011

Normale? No grazie, speciale!


L’Associazione La Cordata di Gorgonzola (MI) organizza gite domenicali, vacanze estive ed invernali con portatori di handicap, anche gravi. Il gruppo, da sempre molto compatto e coeso, crede fermamente in questo progetto e nell’importanza di garantire un po’ di svago anche a chi, normalmente, sarebbe costretto a farne a meno.

19 luglio 2011

Grazie Paolo


"Si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto. …e no!”. “Quanti di voi conoscono qualcuno che seppure mai condannato sanno che non è uomo onesto?”. “Questo discorso non va, perché la magistratura può fare solo un accertamento giudiziale, può dire, beh, ci sono sospetti, sospetti anche gravi, ma io non ho le prove e la certezza giuridica per dire che quest’uomo è un mafioso”. “Però i consigli comunali, regionali e provinciali avrebbero dovuto trarne le dovute conseguenze da certe vicinanze sospette tra politici e mafiosi, considerando il politico tal dei tali inaffidabile nella gestione della cosa pubblica”. “Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è stato condannato quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!”. “Questo dovrebbe spingere i partiti a fare pulizia al proprio interno”.
                                                                                        PAOLO BORSELLINO

17 luglio 2011

La guerra infinita


Mentre il re Mohammed Zahir Shah si trovava in Italia (sotto il suo regno l'Afghanistan visse uno dei periodi più lunghi di stabilità, non partecipò alla seconda guerra mondiale né si allineò con i blocchi di potere durante la guerra fredda) il 17 luglio 1973 suo cugino ed ex primo ministro, Mohammed Daud Khan, organizzò un golpe incruento e scrisse la parola fine sulla monarchia in Afghanistan. Il Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan (PDPA), d'ispirazione marxista-leninista, rovesciò il governo di Mohammed Daud Khan il 27 aprile 1978, con un colpo di stato, la cosiddetta Rivoluzione d'aprile, e diede vita alla Repubblica Democratica dell'Afghanistan governata dal leader del partito, Nur Mohammad Taraki. Taraki avviò una serie di riforme in senso socialista nel paese tra le quali la riforma agraria e la laicizzazione forzata della società afgana, con l'obbligo ad esempio per gli uomini di radersi la barba mentre per le donne venne riconosciuto il diritto di voto e di istruzione obbligatoria nonché imposto il divieto di indossare il burqa e di essere oggetto di scambio economico nei matrimoni combinati. Queste riforme si scontrarono fortemente con le autorità religiose locali e tribali che si opposero alle politiche di Taraki. Nel mese di settembre 1979 inoltre Taraki venne assassinato, su ordine del suo vice primo ministro Hafizullah Amin, il quale lo sostituì alla guida del paese. L'URSS non si fidò di Amin, sospettato di legami con la CIA, e decise di invadere il paese, anche a seguito di un aumento delle rivolte e del conseguente rischio di destabilizzazione della zona. L'Armata rossa entrò a Kabul il 27 dicembre 1979 e mise al potere Babrak Karmal. La guerra con i mujaheddin, finanziati anche dagli Stati Uniti, fu lunga e cruenta e terminò con l'abbandono del paese da parte dei sovietici nel febbraio 1989. La Repubblica Islamica dell'Afghanistan fu proclamata il 17 aprile 1992. Il fronte dei Mujaheddin si dimostrò comunque molto frammentato e disunito e ciò consentì, dal 1996 al 2001, la presa del potere da parte della fazione dei talebani, salvo che in alcuni territori settentrionali controllati dall'Alleanza del Nord dei restanti mujahidin anti-talebani, guidati dal comandante Ahmad Shah Massoud. I Talebani applicarono al paese una versione estrema della shari'a e ogni deviazione dalla loro legge venne punita con estrema ferocia. Emblematica fu la cattura dell'ultimo presidente della repubblica democratica afgana Mohammad Najibullah direttamente dal palazzo delle Nazioni Unite, dove era rifugiato. Fu un omicidio premeditato, compiuto allo scopo di terrorizzare la popolazione: i talebani arrivano all'alloggio di Najibullah intorno all'una di notte, tramortiscono lui e il fratello, li caricano su una camionetta portandoli nel palazzo presidenziale oscurato. Qui evirano Najibullah, lo legano dietro una jeep trascinandolo per varie volte intorno al palazzo, poi lo finiscono con una pallottola. Suo fratello è torturato allo stesso modo e poi strangolato. I due cadaveri vengono appesi a una garitta di cemento davanti al palazzo a pochi isolati dal complesso dell'ONU (Fonte Wikipedia).

L'esercito degli Stati Uniti d'America è ormai per definizione un elemento destabilizzante (basti pensare al modo come reclutano i loro soldati, nei luoghi più disagiati d'America, promettendo a giovani disorientati che vivono ai limiti della sopravvivenza un futuro migliore). Un esercito che può esistere solo grazie ad una capillare strutturazione gerarchica della società, perfettamente riuscita e tristemente premeditata. Devono andarsene dall'Afghanistan. Spero solo che la diffusa antipatia nei confronti degli USA (peraltro ampiamente condivisa dal sottoscritto) non conduca qualcuno a simpatizzare per il regime talebano che in nome della shari'a ha compiuto atrocità inimmaginabili.

4 luglio 2011

Gli eroi della Val di Susa


Persino quando costruirono la diga del Vajont riuscirono a convincere qualcuno. Ed invece oggi a questo TAV in Val di Susa non ci crede proprio nessuno se non i soliti esponenti della vecchia politica in estinzione che per puro istinto di conservazione sono costretti a svolgere il loro ruolo di opposizione all'evoluzione del genere umano. Non un membro del governo ha mostrato il suo volto per spiegare ai manifestanti le ragioni di una tale improponibile impresa, nessuno ha presentato un serio bilancio del costo/beneficio dell'opera. Non una parola sull'emissione delle polveri d'amianto, sulla distruzione quasi totale delle sorgenti d'acqua, sull'attuale, reale entità delle comunicazioni commerciali fra Italia e Francia. E chi avrebbe potuto esporsi a dialogare con la gente che manifestava pacificamente prima che si verificassero gli inevitabili disordini? Un ministro dell'interno (di cui ho vergogna a riportare il nome) condannato in via definitiva per oltraggio e resistenza al pubblico ufficiale? La strategia della politica dei morti è sempre la stessa. Chi si oppone saggiamente alle opere pubbliche ideate esclusivamente per arricchire la casta (per esempio il ponte sullo stretto di Messina, l'ormai finalmente defunta questione sul nucleare) non va neanche considerato, non merita spiegazioni, non è niente. Va però astutamente provocato fino al punto che dal niente (grazie al comportamento di pochi), diventa il più feroce dei criminali e dal quel momento comincia la repressione in nome della legalità di cui lo Stato è garante. Purtroppo questo Stato, così com'è, non garantisce proprio nulla che sia uguale per tutti, è solo la squallida degenerazione di un'idea di democrazia. E' la più grande truffa organizzata dal potere che si adorna di principi democratici pur anteponendo chiaramente i propri interessi personali a quelli del popolo. Loro hanno a disposizione la totalità delle forze armate, gli anti-TAV si difendono con gli striscioni e quando ci sono dei feriti allora è scontato chi sono i buoni e chi i cattivi, come se le forze dell'ordine agissero per imposizione divina.   Loro (la casta) li attaccano con manganelli che non avrebbero mai il coraggio di adoperare personalmente manipolando, umiliando, abusando di una forza lavoro  che riceverebbe molte più soddisfazioni qualora fosse impegnata nella lotta contra la criminalità organizzata piuttosto che scaraventata come cani da combattimento contro bersagli inermi.  

31 maggio 2011

Miracolo a Milano


A quanto pare le osservazioni di Beppe Grillo colpiscono direttamente al cuore, tanto da meritarsi ogni volta che apre bocca una valanga di contestazioni da parte della stampa di sinistra. A Milano ha vinto Pisapia che giustamente ha desiderato festeggiare la vittoria come avrebbe fatto chiunque altro, ma le bandiere con falce e martello che sventolavano allegramente facevano parte della ventata di novità che caratterizzeranno il suo programma politico? O erano forse un'astuta manovra per permettere all'opposizione di riguadagnare consensi ancor prima che finissero i festeggiamenti? O magari semplicemente  non le hanno viste? Un uomo credibile deve esserlo fino in fondo e faccio fatica a pensare che sarebbe risultato imbarazzante far notare che quel simbolo inquietante era assolutamente fuori luogo. E per quale motivo allora sarebbero inorriditi se, qualora avesse vinto la destra, la gente fosse scesa in piazza sventolando delle svastiche?. In Italia un movimento come quello che ha infiammato le piazze spagnole probabilmente non lo vedremo mai, per due motivi. Innanzi tutto perchè il movimento 5 stelle è già da tempo riuscito a canalizzare le esigenze politiche di chi non si riconosce assolutamente all'interno del vecchio decadente sistema dei partiti politici; e poi perchè in Italia non saremmo mai capaci di scendere in piazza a manifestare senza indossare una maglietta di Che Guevara. E' evidente che tutto il sistema politico italiano è costruito su solide fondamenta di ipocrisia e che ogniqualvolta queste fondamenta vengono messe in discussione dal coraggio della coerenza, tale pericolosa minaccia deve essere immediatamente stroncata sul nascere. Mi metterei l'anima in pace qualora il buffone di Arcore avesse raggiunto lo status di uomo intoccabile grazie alle sue straordinarie doti intellettuali e manageriali, ma temo proprio che non sia così. Piuttosto mi sembra più verosimile  immaginare la complicità di una sinistra in decomposizione molto più vicina al suo acerrimo rivale che al proprio elettorato.  Oggi il cittadino italiano non è più obbligato a prostituirsi ogni volta che si presenta alle urne nè gli è più consentito lamentarsi dei soliti politici corrotti. E' sufficiente valicare una linea ormai chiara come il sole per passare dalla politica morta del denaro e dei privilegi a quella attiva del rispetto dei diritti del cittadino e delle proposte per il bene della comunità. Senza soldi e potere la politica allora rinascerebbe e la gente conoscerebbe finalmente il piacere di andare a votare.

21 maggio 2011

Generazione NI NI


Anche la Spagna da pochi giorni ha il suo movimento di qualità (Movimiento 15-M) che, seppur ancora tutto da sviluppare, si presenta al mondo come apartitico (NI de derecha, NI de izquierda), totalmente non violento e soprattutto decisamente propositivo. Le loro richieste assomigliano molto a quelle del Movimento 5 stelle: NO ai privilegi per i parlamentari, acqua e sanità pubblica, leggi sviluppate direttamente dai cittadini attraverso votazioni popolari, NO al nucleare, VIA i politici condannati dal parlamento, particolare attenzione per il tema dell'ambiente. Come il movimento 5 stelle sono molto temuti dalla vecchia classe politica che non riesce a localizzarli e di conseguenza manipolarne il voto. Ho avuto la fortuna di vederli con i miei occhi, molti sono giovanissimi che forse neanche si rendono completamente conto della travolgente realtà che stanno vivendo. E questo li rende ancor più meravigliosi, credibili, incontaminati. La prima impressione è quella del caos, ma avvicinandosi, entrando più in profondità nel labirinto della struttura in Puerta de Sol, diventa sempre più intenso, quasi palpabile, l'enorme interesse affinchè nulla sia lasciato al caso, tutto scrupolosamente organizzato nei minimi dettagli. Ovviamente bandito qualsiasi riferimento a partiti politici e vivamente scoraggiato il consumo di alcohol, gruppi organizzati in commissioni per discutere delle varie tematiche, giovani che offrono da bere e da mangiare in siti adibiti a questo scopo, annunci continui che invitano i partecipanti a fare attenzione alla disidratazione ed ai colpi di calore. E ancora, un'infermeria allestita nel centro della piazza, un luogo interamente dedicato all'intrattenimento dei bambini, e persino un interprete per i sordomuti. Insomma  un piccolo embrione di società dove spicca l'intento di offrire condizioni di vita dignitose per chiunque. La prima cellula di uno straordinario progetto di equità che nasce da una vera e propria rivoluzione etica e che non può più tollerare la prepotenza di una vecchia politica  fine a se stessa, totalmente scollegata dalle esigenze di una cittadinanza sempre più confusa e manipolata.

13 maggio 2011

Sogno a Cinque Stelle


Commento un articolo di Marco Bracconi che ho incontrato nella prima pagina on-line di Repubblica leggermente sopra la notizia del gravissimo attentato in Pakistan. Costui definisce gli aderenti al movimento Cinque Stelle dei guastatori e sostiene di conoscerne i reali perversi obiettivi. In realtà il fatto che il movimento cominci a dare fastidio è un segnale positivo che conferma la sua crescita. Non capisco però in cosa consista il mistero, considerato che gli obiettivi del movimento sono chiaramente illustrati nel suo programma (capisco che questa parola risulti difficile da comprendere per gli attuali partiti del nostro paese). Su una cosa non c'è dubbio, e cioè che se lo psico-buffone che guida il governo dovesse ottenere ulteriori vittorie elettorali sarebbe per la comprovata bassezza intellettuale e morale dei suoi sostenitori e per nessun altro motivo. La spezzettata sinistra sembra aver accettato uno scontro di tipo calcistico, dove l'unica cosa che importa è vincere ad ogni costo e lo confermano le dichiarazioni di Bersani che "punta a due vittorie". Non ha specificato però se in casa o fuori. La situazione politica italiana è figlia del compromesso e delle brame di potere, dell'antico disinteresse degli italiani e dell'attuale compulsiva ricerca a tutti i livelli del proprio interesse personale.  Siamo stati raggirati, insultati, offesi dalla forma con la quale il sindaco di Milano uscente, invece di illuminare il popolo italiano su  come abbia potuto permettere che la sua città diventasse uno dei più importanti centri mondiali della crimalità organizzata, abbia usufruito del  tempo di cui disponeva per rivolgere al suo avversario politico ridicole diffamanti accuse. Il vecchio triste discorso dello scegliere il male minore, del non disperdere i voti, che ci accompagna da anni nella lotta contro il berlusconismo e che alla fine non ha portato a nessun risultato concreto oggi trova finalmente un'alternativa credibile. A differenza di coloro che votano solo per contrastare lo psico-pagliaccio e che non hanno la minima idea di quello che accadrà dopo, il movimento Cinque Stelle si propone di infondere la speranza che un'altra politica è possibile, che non è indispensabile accettare con il proprio voto un sistema palesemente corrotto per onorare i propri ideali. Era necessario che il governo cadesse tanto in basso per indurre i parlamentari dell'opposizione a cominciare ad ispirarsi a principi etici? Dopo il distacco di Fini a loro spettava solo il semplice compito di compiere qualche gesto esemplare (come le dimissioni all'unanimità e la riforma elettorale) allo scopo di risparmiare tanta sofferenza a questo martoriato Paese che peraltro deve ancora conoscere le reali conseguenze di questo lungo periodo di follia governativa. Nessuna azione politica è stata fatta nè probabilmente si farà per provare a ricominciare quanto prima a ricostruire l'Italia. Questa classe politica non mi interessa, non mi ispira fiducia, preferisco sognare a Cinque stelle piuttosto che gioire per l'ennesima volta, ricoperto di fango.   

7 maggio 2011

L'unica vera rivolta in Italia


I pastori sardi, gli unici in Italia a ricordarci che quanto sta accadendo nel Mediterraneo riguarda concretamente anche noi. I soli che per la prima volta pronunciano la parola "rivoluzione". La parte dimenticata d'Italia che attacca i politici italiani con una tale violenza da far sembrare quel poveretto di F. presente in studio il sovrano di uno staterello chiamato "Lombardia" totalmente disconnesso dalla realtà del Paese (quanta tristezza nel vedere un uomo vantarsi di governare una delle aree più controllate dalla criminalità organizzata del mondo). Questa gente di Sardegna è la parte più vera, più genuina, più credibile che in questo momento abbiamo in Italia, probabilmente l'unica che sta lottando realmente per la sopravvivenza contro lo strozzinaggio dello Stato e delle banche. Da qui, da questa terra meravigliosa, esperti professionisti del settore travestiti da umili pastori ci insegnano come si combatte la disastrosa disuguaglianza sociale che regna nel nostro Paese, come si affronta uno Governo spaventosamente corrotto. Non a caso probabilmente, ancora una volta dai pastori affiora la verità. Evidentemente chi è tanto a contatto con la terra giunge a comprendere perfettamente quelle che sono le reali necessità dell'uomo. E adesso l'uomo ha bisogno di ribellarsi, di far sentire finalmente la propria voce, di dire basta ai privilegi delle solite caste pseudo-religiose o politiche fonte di discriminazione e di povertà. Loro hanno coraggio da vendere e noi tanto sostegno da offrirgli.

24 aprile 2011

La gay family vs la costituzione


La pubblicità dell'Ikea ritrae due uomini fotografati di spalle che si tengono per mano e sopra lo slogan: «Siamo aperti a tutte le famiglie». In basso, sotto la foto, compare invece una scritta dove il colosso svedese spiega: «Noi di Ikea la pensiamo proprio come voi: la famiglia è la cosa più importante». E sottolinea: quello «che cerchiamo di fare è rendere più comoda la vita di ogni persona, di ogni famiglia e di ogni coppia, qualunque essa sia». «Contrasta a gamba tesa contro la nostra Costituzione, offensivo, di cattivo gusto. L'Ikea è libera di rivolgersi a chi vuole e di rivolgere i propri messaggi a chi ritiene opportuno. Ma quel termine "Famiglie" è in aperto contrasto con la nostra legge fondamentale che dice che la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio, in polemica contro la famiglia tradizionale, datata e retrograda». Lo ha affermato il sottosegretario alla Famiglia Carlo Giovanardi. Quella citata dall'articolo 29, che riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, "è una delle famiglie", si difende il colosso svedese. "Noi abbiamo a che fare con una realtà quotidiana in continua evoluzione, ci sono tipologie di famiglie molto variegate".  Il commento di Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia: "Nemmeno alla vigilia di Pasqua Carlo Giovanardi sa contenere la sua frustrazione per il fatto che la sua delega sulla famiglia non ha a disposizione nemmeno un euro".
Il 9 novembre 2009 Giovanardi afferma a Radio 24 che la morte di Stefano Cucchi, giovane deceduto in carcere a seguito di un arresto per possesso di 20 grammi di cannabis, le foto del cui cadavere dopo l'autopsia, diffuse dai genitori, ne mostrano il corpo segnato da evidenti lesioni, traumi e fratture, sia avvenuta a causa "della droga", in quanto "anoressico, drogato e sieropositivo". L'11 novembre Giovanardi si è scusato in una intervista a RadioDue con la famiglia del giovane.
Il 20 settembre 2010 Giovanardi, nella trasmissione KlausCondicio, dichiara che nei paesi in cui sono state legalizzate le adozioni di bambini da parte delle coppie gay è "esplosa la compravendita di bambini e bambine". La dichiarazione ha spinto l'Arcigay a chiederne le dimissioni. (La repubblica.it - Corriere.it - Wikipedia)

23 aprile 2011

Sempre più nazionalismo


Da alcune settimane due populismi si scontrano in Europa offrendo uno spettacolo miserabile. Al centro della contesa ci sono quei profughi, economici o politici, la classificazione è spesso cancellata dal dramma umano, che ogni giorno approdano sulle nostre sponde dopo avere visto affogare non di rado nelle acque del Mediterraneo figli, genitori, amici. Una crescente ondata di populismo accomuna Italia e Francia e al tempo stesso inasprisce il loro dissenso. A Roma il governo dipende da un partito xenofobo, indispensabile alla maggioranza parlamentare, e solerte nell'alimentare i sentimenti contro gli immigrati. La disputa fra i due populismi ha assunto toni grotteschi a Ventimiglia con il blocco dei treni provenienti dall'Italia sui quali viaggiavano ovviamente i migranti, molti dei quali tunisini con parenti in Francia. In questo contesto di intolleranza guadagna terreno la leader del Fronte Nazionale d'estrema destra francese, Marine Le Pen, voce imponente del nazionalismo d'oltralpe ed ovviamente chiara espressione del padre. A differenza della Lega, xenofoba ma anche anti-nazionale, il Front National è infatti xenofobo ma estremamente nazionalista. "Se verrò eletta alla presidenza francese proporrò un referendum per far uscire la Francia dall'Unione europea" la sua recente trovata per racimolare voti (La repubblica.it - Corriere.it)

Marine Le Pen había comprendido que en la coyuntura actual no era necesaria la sobreactuación racista y xenófoba, que da votos pero que también aísla. Con hurgar en el desamparo de las clases populares frente a la crisis tenía bastante. Y es lo que está haciendo, con cierto éxito en las encuestas (El Paìs).

Marine Le Pen stirred up controversy during the internal campaign. During a speech to the party faithful in Lyon on 10 December 2010, she said that the weekly illegal blocking of public streets and squares throughout France (notably the rue Myrha in the 18th arrondissement of Paris) for Muslim prayers is comparable with an occupation of parts of French territory. The fact that she had mentioned World War II brought claims from the media and politicians that she had drawn a controversial parallel with the German occupation (Wikipedia).


Mi chiedo in quale altro luogo potrebbero recarsi se non in Francia quelle popolazioni massacrate militarmente dal colonialismo francese antico e moderno, sfruttate fino al midollo per rendere la Francia una delle più grandi potenze mondiali. Uomini e donne che cercano disperatamente di ricongiungersi con i loro parenti ed ai quali invece viene impedito l'ingresso in un Paese che ha dato loro una lingua, ha dato loro l'indipendenza ma gli nega il diritto di calpestare il proprio territorio. Esistono politici in Europa che pongono continuamente in pericolo il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, ma noi purtroppo rimaniamo tragicamente bloccati alle prese con il solito buffone ed i suoi affari privati.

15 aprile 2011

Gaza risponde


Chi sono i Salafiti? Ma soprattutto, a chi diavolo importa saperlo? Con questo terribile assassinio si sono estinti per sempre da soli, come accadde in Italia per le Brigate Rosse (prima che tornassero travestite da "giudici inquisitori"). L'entità del crimine è raccapricciante, ricorda molto i nostri delitti di mafia sia per vigliaccheria che per crudeltà. Un attacco strategicamente mirato contro il buon senso, contro la voglia di cambiare le cose, contro il coraggio di un uomo che ha sfidato la follia omicida di Israele. Con Vittorio Arrigoni non muore solo un essere umano, muoiono purtroppo anche quegli ideali che ancora una volta non abbiamo saputo difendere, muore un pò la voglia di reagire. Si affievolisce la certezza di riuscire a rimanere coerenti davanti al rischio di essere brutalmente schiacciati al primo gesto rivolto contro un'ingiustizia. Quasi vent'anni or sono si diceva: "non siete morti le vostre idee camminano sulle nostre gambe". Ebbene queste gambe si stanno poco a poco stancando di sopportare tutto il peso da sole. Mentre l'innominabile buffone sogna Israele nell'Unione Europea, bandiere italiane vengono sventolate a Gaza City in segno di riconoscenza. Ecco, credo di aver capito chi sono realmente gli eroi. Persone che nonostante nessuno glielo avesse chiesto, si offrono di procurare orgoglio al proprio paese anche se per quest'ultimo, fino al momento della loro morte, non sono nessuno. Rimane, come sempre in questi casi, tanta amarezza ed il silenzio agghiacciante di un blog fermo al 13 di aprile.

9 aprile 2011

L'idiozia fa scuola


Sputi, insulti, cori razzisti rivolti all'indirizzo di una giocatrice italiana di origine nigeriana. L'episodio nel corso dell'incontro Comense - Geas Sesto San Giovanni, gara di cartello per la serie A femminile di basket. Gli insulti razzisti a Abiola Wabara (giocatrice del Sesto) sono cominciati nel corso della partita e sono continuati a lungo: anche il coach sestese Montini accortosi di quello che stava accadendo lo ha fatto presente ad uno degli arbitri che gli ha risposto di non poter sospendere la partita. E invece il match andava sospeso, lo dice il regolamento, perché si dovrebbe dare un segnale preciso e non è possibile far finta di nulla quando le cose sono così evidenti. A fine partita gli arbitri assicurano a Valter Montini, coach sestese, che quanto è successo verrà scritto a referto, ma nelle decisioni del giudice sportivo non c' è traccia dell' accaduto. Nessuna sanzione. La Procura federale di Federbasket ha avviato un'indagine. La Federazione ha attivato la Procura dopo aver constatato l'assenza di provvedimenti da parte del giudice sportivo. Ciò fa pensare che gli arbitri dell'incontro non abbiano messo a referto gli insulti razzisti a Wabara. Brilla per il silenzio la società Comense, il cui presidente Antonio Pennestrì incidentalmente è pure il presidente della Lega basket femminile. "Non permetto che nessuno osi gettare pessima reputazione sui tifosi della Comense - ha poi dichiarato - che hanno sempre sostenuto civilmente, con calore e profondo rispetto degli avversari, la propria squadra".Così a prendere le difese di Abiola deve pensarci Dino Meneghin, il numero 1 della federbasket, che alza il telefono e offre solidarietà alla ragazza: «Non demoralizzarti, tieni duro» le dice. Insultare una giocatrice per la sua pelle scura non è solo grave: è blasfemo (Corriere della Sera - Fatto quotidiano - Repubblica).

6 aprile 2011

L'allievo supera il maestro


Michele Greco, il "papa" della mafia, dal 1978 al 1982 al vertice della cupola di cosa nostra. Un uomo la cui sterilità intellettuale ricorda molto il vuoto culturale del presidente del consiglio. Oggi neanche sappiamo se la cupola esista ancora. Se esiste il suo leader sarebbe Matteo Messina Denaro, gioiello di Riina ai più sconosciuto, soprannominato Diabolik. Attualmente è il quinto ricercato tra i più pericolosi criminali del mondo. Viene spontaneo chiedersi il perchè di tanti passi indietro nella lotta contro la mafia, perchè un'esperienza vincente come quella del pool antimafia non ha avuto il seguito che meritava. Falcone lo diceva che l'Italia non aveva bisogno di eroi ma semplicemente di uno Stato che mettesse i magistrati nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro. Di questi tempi queste parole suonano come un'amara barzelletta e invece allora incarnavano una lecita e forse ingenua richiesta di collaborazione e comunque la sola possibilità per debellare questo cancro definitivamente. E' chiaro come il sole che gli interessi personali di un delinquente, il cui potere malavitoso va ben oltre quello di qualsiasi boss della mafia, siano rivolti esattamente nella direzione opposta. E' impossibile calcolare i danni sia dal punto di vista umano che da quello economico derivanti dalla sua strafottenza e dalla totale incapacità dei suoi collaboratori, come è altrettanto impossibile fare una stima dei benefici apportati alla criminalità organizzata da un movimento politico nato sulle ceneri della magistratura. Il risultato è una avvilente paralisi a 360 gradi. Ciò che invece non conosce sosta è l'ennesima manovra deleteria per il paese ma necessaria per evitare persino le sentenze di primo grado. Un'intera nazione piegata davanti alle sue perverse esigenze, una generazione inferocita di giovani tragicamente frustrata dal concetto di "impunità".  Mentre il paese affonda, il regime diventa sempre più forte e nuovi "Giuda", come Borsellino chiamava questa classe di persone, assicurano lunga vita all'imperatore ed allo stesso tempo un triste destino per l'Italia.

3 aprile 2011

Cercasi uno Stato non colluso con la mafia che sia in grado di tutelare i suoi uomini più coraggiosi


Falcone e Borsellino partirono da zero, inflissero un colpo micidiale all'organizzazione criminale "cosa nostra" sulla base di collegamenti fra crimini apparentemente isolati. Non sapevano niente e sono riusciti a vincere la loro battaglia anche se dopo le sentenze del maxiprocesso il pool antimafia venne chirurgicamente smantellato dall'alto. Avevano sconfitto coloro che imponevano il "pizzo" ma era evidente che mirassero ben più in alto. Erano uomini di Stato ma non facevano gli interessi degli uomini che lo rappresentavano e per questo furono ammazzati. Noi oggi invece, grazie al loro lavoro, sappiamo tutto sulla mafia però non la affrontiamo più. La gente del sud è ormai fin troppo abituata a conviverci e quella del nord non la vede o fa finta di non vederla. Il "pizzo" è ormai ampiamente istituzionalizzato e la criminalità organizzata dilaga ovunque, oggi più che mai. E come sarebbe possibile impegnarsi nella lotta contro la mafia, quella che opprime direttamente la gente fino a sottrarle l'aria, se non siamo neanche nelle condizioni di eliminare quella criminalità apparentemente legalizzata ed alla mafia strettamente connessa che si è impossessata della presidenza del consiglio?

29 marzo 2011

In un altro paese


"LA MAFIA E' UNA COMPONENTE ORGANICA DEL SISTEMA DI POTERE ITALIANO"
In un altro paese è la ricostruzione storica della mafia, dalla Prima Repubblica ai giorni nostri. Uno sguardo al passato per ricordare gli uomini che resero possibile quel capolavoro giudiziario che è entrato di diritto nella storia come "maxiprocesso". Quegli uomini che si definivano "morti che camminano" e che proprio dopo le sentenze di condanna definitiva per numerosi capi della mafia, furono vergognosamente abbandonati dallo Stato al loro triste destino. Chi beneficiò di quelle morti? Chi non sarebbe dove si trova in questo momento se solo uno di loro fosse ancora vivo? Appena un anno dopo la strage di via D'Amelio, un uomo che sarà presto condannato in via definitiva per "concorso esterno in associazione mafiosa", approfittando del vuoto ideologico conseguente alla scomparsa dei magistrati GIOVANNI FALCONE e PAOLO BORSELLINO, veniva incaricato di fondare il partito dell'illegalità, di consacrare l'unione fra mafia e politica, di sviluppare quel progetto perverso che adesso non avrebbe incontrato più alcun ostacolo. Veniva alla luce così il partito della mafia, nasceva "Forza Italia". 





27 marzo 2011

Le follie della religione


Asia Bibi, madre di 5 figli, è stata arrestata nel 2009 e condannata nel 2010: la sua colpa, secondo le vicine di casa, sarebbe quella di aver insultato Maometto e di essersi rifiutata di convertirsi all'Islam. Il caso si è trasformato in una questione internazionale quando la proposta di modificare la legge sulla blasfemia sull'onda della sua vicenda, ha generato un'ondata di violenze in Pakistan: una rabbia culminata negli assassinii, a gennaio e marzo, del governatore del Punjab Salmaar Tasmeer e del ministro delle Minoranze religiose Shahbaz Bhatti, che si erano battuti per la modifica (LaRepubblica.it). La cosiddetta “legge sulla blasfemia” (gli articoli 295b e 295c del Codice Penale del Pakistan) viene continuamente utilizzata per vendette o interessi personali, che nulla hanno a che vedere con l’offesa alla religione. La legge fu promulgata unilateralmente dal generale Zia-ul-Haq nel 1986, e mai approvata da alcun Parlamento. A farne le spese sono stati, in 25 anni, circa 1.000 cittadini pakistani, incriminati e arrestati ingiustamente: fra loro 479 musulmani, 340 ahmadi, 119 cristiani e altri appartenenti a minoranze religiose come indù e sikh. Inoltre ben 33 persone, sotto processo per blasfemia o assolte dalle accuse, sono state vittime di esecuzioni extragiudiziali.

24 marzo 2011

La via dell'uranio


L'estrazione di uranio dalle miniere di Areva, il gigante dell'energia nucleare, sta mettendo in serio pericolo la popolazione del Niger. Areva è la società che possiede la tecnologia dell'EPR, le centrali che il governo vuole costruire in Italia. In collaborazione con il laboratorio francese indipendente CRIIRAD e la rete di ONG ROTAB, abbiamo realizzato un monitoraggio della radioattività di acqua, aria e terra intorno alle cittadine di Arlit e Akokan, a pochi chilometri dalle miniere di Areva, accertando che i livelli di contaminazione sono altissimi. La radioattività crea più povertà perché causa molte vittime. Ogni giorno che passa la popolazione locale è esposta alle radiazioni, circondata da aria avvelenata, terra e acqua inquinate. E intanto Areva fattura centinaia di milioni di dollari, sfruttando le risorse naturali di uno dei paesi più poveri dell'Africa. La Francia è la prima nazione nucleare. Dispone di 19 centrali con 58 reattori, nel 2009 l'energia nucleare ha generato il 75.17% del suo fabbisogno di energia elettrica, la prima al mondo, le altre nazioni arrivano al massimo al 30%. Possiede un modello di sviluppo basato sul nucleare bellico strettamente connesso a quello civile, un modello mantenuto in vita grazie alle tasse dei francesi e all'approvvigionamento dell'uranio dal Niger da parte della società statale Areva.

23 marzo 2011

Io sono Gerusalemme


L'area di confine tra Israele e la striscia di Gaza è da alcuni giorni teatro di una forte recrudescenza degli scambi a fuoco tra israeliani e palestinesi. I primi, che hanno compiuto nella notte fra il 21 ed il 22 marzo cinque raid aerei contro diversi obiettivi ("siti per la produzione e lo stoccaggio di armi" e due "siti terroristici"), hanno aperto ieri il fuoco contro militanti palestinesi che volevano lanciare missili anti tank ai soldati oltre confine. Sono almeno quattro i morti nella città di Gaza, due dei quali bambini, dopo che un carro armato israeliano ha colpito una casa ferendo altre otto persone. Nel primo pomeriggio di oggi, una forte esplosione devasta una fermata d'autobus delle linee 74 e 14 a Gerusalemme, in un momento della giornata in cui i mezzi pubblici sono normalmente molto affollati. Alla fermata erano appena giunti mezzi di entrambe le linee. I media israeliani riportano la morte di una donna, inserita inizialmente nel bilancio di 31 feriti diffuso qualche ora dopo l'attentato dal capo della polizia, Aaron Franco. La zona dell'esplosione è di fronte alla stazione centrale e nei pressi di un centro internazionale per conferenze, nella downtown di Gerusalemme. L'azione terroristica non è ancora stata rivendicata. L'ultimo attentato a Gerusalemme risaliva al 6 marzo del 2008, quando un palestinese aveva attaccato un istituto di studi sul Talmud, testo sacro dell'Ebraismo, nella parte ovest della città, causando otto morti e nove feriti, prima di essere a sua volta ucciso.
Approfondimenti:
Per uno solo dei miei due occhi (Documentario)
Paradise Now (Film)

19 marzo 2011

La guerra siamo noi


Sono contro la guerra, è ovvio. Persino un bambino capirebbe senza sforzo alcuno l'assurdità della guerra. E allora perchè dentro di me e immagino anche dentro il cuore di altri pacifisti, germoglia un sentimento di timida soddisfazione alla notizia che da adesso i ribelli libici non saranno più soli? me lo chiedo ripetutamente da ieri e sono giunto ad alcune considerazioni. Innanzi tutto perchè siamo stati più volte delusi dall'inadeguatezza delle Nazioni Unite. Abbiamo assistito inermi alle stragi in Ruanda (dove l'ONU pur di non intervenire rifiutò di riconoscere il carattere di genocidio), ai bombardamenti della NATO sul Kosovo (la guerra non ebbe mai il consenso delle Nazioni Unite per i voti contrari di Cina e Russia), fino a permettere  una guerra in Iraq totalmente inventata dal nulla, i responsabili della quale (Bush e Blair per esempio) non verranno mai processati per le loro menzogne. A nessun pacifista verrebbe mai in mente come opzione possibile per la risoluzione di un conflitto, il bombardamento di una delle due parti ed allora perchè in alcuni nascono perplessità? Prima di tutto i fatti. Gheddafi è un dittatore come altri, ne più ne meno. Ormai da tempo pur di impedire gli sbarchi di clandestini in Italia (per gli accordi che tutti conoscono) amministra sul suo territorio autentici campi di concentramento nei quali viene praticata  la compravendita di esseri umani. La guerra in Libia non è una guerra civile, i militanti di Gheddafi sono spietati mercenari assoldati per seminare il terrore fra la popolazione, evidente conseguenza di quello che può accadere quando si permette ad un uomo di accumulare ricchezze sconfinate (ogni riferimento è assolutamente voluto). Inoltre, è la popolazione stessa minacciata di annientamento che si è rivolta alle potenze occidentali per ottenerne il sostegno. L'ONU non è certo tenuta, ci mancherebbe, a soddisfare il desiderio degli insorti di consegnargli la testa del dittatore (come è stato chiesto), ma in qualche modo, se non aspirava a ripetere gli errori commessi in Ruanda e ritrovarsi nuovamente addosso l'ira del mondo democratico, doveva reagire. E le Nazioni Unite si sa, reagiscono con il loro braccio armato guidato dagli Stati Uniti, il resto del copione si può immaginare. Ma che responsabilità ha l'Italia in tutto questo? Invece di perdere tempo prezioso a chiedersi perchè fosse alleato con un dittatore sanguinario per esempio, il governo italiano avrebbe potuto precedere le risoluzioni dell'ONU offrendo appoggio umanitario agli insorti, visto che non occorrono accordi internazionali per trasportare cibo e medicine. Ma per un governo che doveva da una parte rassicurare il suo vecchio alleato della sua neutralità e dall'altra salvare la faccia con l'opinione pubblica questo non era ovviamente possibile. Meno male che quando il gioco si fa duro interviene la Chiesa, rappresentata dall'audace cardinal Bagnasco, che con una dichiarazione illuminante:  "speriamo che si svolga tutto rapidamente" ricorda la canzone di Francesco De Gregori "Gesù bambino": "fa che sia breve (la guerra) come un fiocco di neve e fa che si porti via la mala morte e la malattia". Dicendo ciò non cerco assolutamente di giustificare la guerra in Libia. Come ha saggiamente scritto Orwell "Non si tratta di stabilire se la guerra sia legittima o se invece non lo sia. La vittoria non è possibile. La guerra non è fatta per essere vinta, è fatta per non finire mai". Quello che desidero a conclusione di questo post è esprimere il disagio di chi ha provato come me quasi commozione vedendo la gente in festa dopo la notizia dell'approvazione della risoluzione delle Nazioni Unite a favore degli insorti. Non significa essere a favore della guerra in Libia, è solo un illegittimo pizzico di solidarietà (che sarà prontamente disilluso in ogni caso) nei confronti di un popolo coraggioso che lotta per la sopravvivenza. Ma la realtà è ben più cruda ed ha tanto il sapore dell'ennesima sconfitta subita dal genere umano. Per un attimo alcuni di noi hanno pensato: "finalmente l'ONU comincia a fare il suo lavoro", e l'attimo seguente già giungeva notizia di centinaia di missili lanciati contro carri armati "volanti" che stavano violando la "no fly zone". Il mondo intero rimase sconvolto di fronte all'indifferenza generale che caratterizzò il genocidio in Ruanda. Un Paese la cui unica colpa consisteva nel non essere ricco di gas e petrolio. Presumo quindi che questo sentimento di rivalsa nei confronti dell'immobilismo a cui siamo stati da sempre abituati, nasca dalla avvilente consapevolezza dell'incapacità o della non volontà da parte delle Nazioni Unite, di rendere inoffensivo (senza ricorrere ad una guerra) un pericoloso dittatore che fino a poco tempo fa veniva ricevuto con tutti gli onori. Un sentimento di rivalsa che è durato poco, il tempo di sapere che il primo missile era stato lanciato, e già mi sentivo tristemente pentito.





18 marzo 2011

Tensione anche in Medio Oriente


Mentre i riflettori sono puntati sulla Libia e sulle possibili conseguenze di un'azione di forza connessa con la risoluzione dell'Onu sulla tutela sella popolazione, la situazione è particolarmente tesa anche in altre aree del Nord-Africa e del Medio Oriente. Quarantuno manifestanti scesi in piazza nella capitale per chiedere la caduta del presidente Ali Abdallah Saleh, al potere da 32 anni, sono rimasti uccisi a Sanaa nello stato della Yemen durante gli scontri con la polizia. In Siria una manifestazione pacifica di decine di siriani è stata invece dispersa in mattinata dalle forze di sicurezza a Damasco, nei pressi della Grande moschea degli Omayydadi, nel cuore della città vecchia. Su Internet è stata indetta per oggi una mobilitazione «per la libertà» contro il regime baathista al potere da quasi mezzo secolo. Altro scenario quello del Bahrein, dove i manifestanti hanno invitato la popolazione a scendere in strada oggi per chiedere la deposizione della dinastia Al Khalifa, minoranza sunnita che domina un Paese a maggioranza sciita da circa due secoli, e per protestare contro gli «occupanti» (le truppe saudite e degli emirati sbarcate nel paese). In Arabia Saudita, dove re Abdallah ha deciso di adottare una strategia improntata sulla trattativa e non sulla repressione, i rappresentanti dell'opposizione hanno indetto la "marcia di un milione di persone" sfidando il bando sulle proteste di piazza. Oggi chiederanno al proprio esecutivo di ritarare le truppe dal Bahrein (Corriere della sera-Repubblica.it)

16 marzo 2011

I sacrificati di Fukushima


“Noi restiamo nella centrale”. Sanno benissimo a che cosa vanno incontro: saranno contaminati dalle radiazioni. E poi ci sono le esplosioni che da un momento all’altro potrebbero spazzarli via. Però rimangono, a lottare contro i sei reattori impazziti. Sono i cinquanta tecnici della Tepco che si sono offerti di restare per scongiurare la fusione, la catastrofe per il Giappone. Una volta entrati a Fukushima I, tornare indietro è impossibile. Il corpo in poche ore assorbirà più radiazioni che in anni e anni. Chi resta lo fa dimenticando se stesso. Lo fa per la propria famiglia e il Giappone devastato. Come gli elicotteristi di Chernobyl: erano aviatori impegnati sul fronte afghano, ottennero di tornare in patria in cambio di questa missione. Scaricarono dal cielo tonnellate di cemento per coprire il nucleo. Ci riuscirono, ma dopo sofferenze atroci morirono tutti. I tecnici Tepco, però, hanno scelto liberamente. Indossano tuta bianca e respiratore, ma più che per proteggersi lo fanno per la disciplina che non riescono a scrollarsi di dosso. Di fronte a una fusione a pochi passi, sono nudi. È come una nave che affonda, ma l’equipaggio non l’abbandona. Le famiglie da lontano possono solo guardare le immagini alla televisione. I teleobiettivi inquadrano quei puntini bianchi che si muovono senza sosta tra i reattori (Il Fatto quotidiano).